LA CAMPANIA NON È UNA REGIONE PER BAMBINI

di Franco Mari

 

Quando il 31 marzo il Ministro dell’Interno ha precisato che “…è consentito, ad un solo genitore, camminare con i propri figli minori…”, non è stato solo De Luca a protestare, in verità anche il Sindaco di Bari e l’Assessore della Lombardia Gallera hanno manifestato con vigore le proprie perplessità, ma né la Puglia né la Lombardia hanno adottato, prima o dopo questo episodio, specifici provvedimenti per inasprire le misure disposte dalla Presidenza del Consiglio.
Ancora in questi giorni molti Sindaci hanno mostrato preoccupazione per la condizione dei minori annunciando iniziative. Anche la Ministra della Famiglia, Bonetti, ha dichiarato che è necessario consentire al più presto ai bambini di fare attività motoria e ricreativa. Nessuno di questi, però, correttamente, pur rilevando la condizione di particolare disagio vissuta da bambini e adolescenti, ha detto che fino ad oggi è stato loro completamente vietato di uscire di casa.
Infatti, nella stragrande maggioranza delle Regioni italiane, non è così. Alcune Regioni non hanno ritenuto di produrre proprie disposizioni in merito ai comportamenti che i singoli cittadini devono adottare, rifacendosi integralmente al DPCM del 10 aprile. Tutte le altre Regioni, ad esclusione della Campania, della Sicilia e della Sardegna, disciplinando la materia, non hanno imposto restrizioni più rigide di quelle previste nel provvedimento nazionale.
Quindi, al di là delle cautele e delle precauzioni che i genitori hanno potuto adottare in tutta Italia, solo in tre Regioni, di fatto, è di fatto vietato ai bambini e agli adolescenti non autonomi, sani e privi di un animale di compagnia di uscire di casa. In Campania la dizione “…sono consentiti esclusivamente spostamenti temporanei e individuali”, in combinato disposto con la precisazione dei casi in cui è consentita la presenza di un accompagnatore, esclude ogni interpretazione flessibile della norma.
Campania, Sicilia e Sardegna, vietando espressamente ad un genitore di portare con sé il figlio minore anche quando esce di casa per comprovate esigenze come l’approvvigionamento dei beni di prima necessità, hanno disposto su base regionale una limitazione della libertà personale non “erga omnes”, ma rivolta ad una particolare categoria di cittadini, quelli che non possono uscire di casa autonomamente.
Può prolungarsi ancora questa situazione? È veramente possibile che solo i bambini campani (insieme ai siciliani e ai sardi) siano chiusi in casa da quasi quaranta giorni? Esistono motivazioni specifiche alla base di questa decisione?

2 Commenti

  1. È palese che le stringenti misure di contenimento adottate in Campania rappresentino lo strumento principe, utilizzato senza riserve e con gran clamore, per indebolire il contagio, a fronte di un sistema sanitario non adeguato a fronteggiare l’emergenza. Che ci sia un elevato rischio psico-sociale derivante da tali restrittive misure di confinamento domiciliare è indubbio, soprattutto riguardo alle fasce più deboli della popolazione:bambini e persone psichicamente debilitate. Temo che la soluzione sia solo di tipo strategico- strutturale, ovvero un cambiamento totale delle politiche sociali. Attenzione, però. Non si vuole, qui, richiedere sostegno economico elargito a pioggia, ma un molto più efficace utilizzo delle risorse pubbliche, che intercetti e soddisfi realmente il bisogno. In conclusione, come si soleva dire un tempo, il problema lo si risolve a monte e non a valle!

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