Pasqua ai tempi del Covid 19

di Giuseppina Buscaino Nebbia

Secondo gli antichi pagani la Pasqua era la festa del risveglio della natura, della rinascita. Presso gli Ebrei in origine era legata all’attività agricola ed era la festa della raccolta dei primissimi frutti della campagna, a cominciare dal grano. In seguito, la Pasqua, Pesach (passaggio), divenne la celebrazione del passaggio di Israele, attraverso il Mar Rosso, dalla schiavitù d’ Egitto alla libertà. Dio «passa sopra», «risparmia», «protegge» le case degli Ebrei, mentre colpisce quelle dei loro nemici. Il cristianesimo aveva ereditato da Israele la sua festa di Pasqua, ma, nel passaggio da Israele al cristianesimo, essa divenne memoriale di qualcos’altro. Scriveva Sant’ Agostino: “Il Signore passò dalla morte alla vita”. La resurrezione cristiana ci parla della morte dell’individuo che risorge in un’altra dimensione, oltre la storia, oltre il tempo. Anche l’uomo a Pasqua passa ed è salvato. L’uomo ha bisogno di sentirsi collegato con l’infinito di cui fa parte. Le religioni sono un collegamento con l’infinito e in questo tempo ciclico, la Pasqua di Resurrezione è uno sforzo intellettuale e morale per conquistare uno sguardo sull’incerto destino del mondo e sulle responsabilità del nostro essere fallibili e finiti. Il sapere umano non dà certezze assolute. E si è visto con questa pandemia. La Resurrezione è l’esito di una fatica spirituale, non accade tutti i giorni. Pasqua 2020 ci dovrebbe far riflettere sul nostro destino: se ottusamente non cambieremo niente, se continueremo come se niente fosse successo, tutto non potrà che peggiorare. Secondo il buddismo, c’è la legge di causa ed effetto: per ogni effetto c’è sempre una causa che lo genera. Questo vale anche per il virus. Come si è diffuso il virus ce lo ha spiegato con dovizia di particolari Il Manifesto del 5 aprile con l’articolo di Angel Luis Lara: la diffusione è stata da animale ad animale, e da animale ad uomo, a causa degli allevamenti intensivi. Per crearli, hanno distrutto gli ecosistemi, hanno danneggiato gli habitat degli animali selvatici, i quali sono venuti in contatto con gli animali allevati. Sarebbe una follia, dopo questa terribile esperienza per l’umanità intera, continuare con gli allevamenti intensivi. Del resto sono necessari solo per le multinazionali della carne che approfittano di quasi 7 miliardi di persone (altri sono vegetariani) ignari e consenzienti. Per quanto riguarda la religione cattolica, l’agnello è Cristo stesso. Non è necessario quindi mangiare l’agnello a Pasqua. Se si è credenti, va bene la comunione se è possibile farla. Joseph Ratzinger concorda con quanti ritengono, con ottime ragioni esegetiche, che Gesù non abbia celebrato la cena pasquale con l’agnello, esattamente come facevano gli Esseni (gruppo ebraico nato circa nel II secolo a. C. che non faceva sacrifici e non mangiava carne) e l’ultima cena ha avuto luogo nella comunità di Qumran, situata esattamente nella zona di Gerusalemme che al tempo di Gesù, era abitata dagli Esseni. Il cibo dell’ultima cena era il pane azzimo, le erbe amare e l’haroset (dolce fatto con mandorle dolci abbrustolite, mandorle amare, mele, uova, arance pane azzimo, castagne) e ovviamente, il vino. San Giovanni Battista, che era notoriamente vegetariano, definisce Gesù “agnello di Dio”. Tutti gli evangelisti riportano l’episodio di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio appena qualche giorno prima della Pasqua: storicamente quei mercanti erano lì per vendere gli agnelli e gli animali da sacrificare. Il gesto di Gesù, era dunque un chiaro gesto contro il sistema dei sacrifici. Noi risorgeremo soltanto se ce lo meriteremo, se avremo più rispetto della natura e degli animali che condividono il pianeta con l’uomo, ma che non hanno la stessa prepotenza dell’uomo. Se siete cattolici, seguite gli insegnamenti di Cristo e se non lo siete, abbiate pietà cristiana di questi poveri esseri indifesi. C’è bisogno di eliminare la violenza e di avere autentici rapporti di solidarietà fra di noi. Non uccidere agnelli per Pasqua è, in ultima analisi, il modo migliore per una celebrazione nonviolenta, è rifiutare una festa celebrata con il dolore, con il sangue e gli urli strazianti degli animali verso il macello, consapevoli della loro fine imminente. È rifiutare un mondo che tollera la distruzione e la morte di tutti gli innocenti: esseri umani e animali. Abbiamo un grosso compito da affrontare: sanare il pianeta. Cominciamo da qui, rifiutiamoci di mangiare l’agnello a Pasqua. Mangiamo la pizza con l’erba (erbe amare) che è buonissima, e l’ottima pastiera!

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*