
di Tonino Scala
A Sapri, piccolo ma combattivo centro del Cilento meridionale, circa duemila persone hanno dato vita a una straordinaria giornata di lotta civile e popolare per dire no allo smantellamento dell’ospedale dell’Immacolata. Una manifestazione che ha attraversato le vie del paese con la forza tranquilla delle comunità che non si arrendono, e che ha rimesso al centro dell’agenda politica un tema che troppo spesso viene dimenticato: il diritto alla salute, garantito dalla Costituzione, ma tradito quotidianamente da decenni di tagli, commissariamenti e logiche aziendali.
Un presidio essenziale per un territorio vasto e fragile
L’ospedale di Sapri è l’unico presidio sanitario pubblico in un’area vasta e geograficamente complessa, il Golfo di Policastro, che abbraccia comuni montani, paesi costieri e aree interne della Campania, della Basilicata e della Calabria. Un punto di riferimento non solo per l’ordinaria amministrazione sanitaria, ma anche per le emergenze, per i parti, per i bisogni delle persone anziane e fragili. Lo smantellamento progressivo dei reparti, la carenza cronica di personale, l’indebolimento dei servizi sono il preludio alla chiusura. Un film già visto altrove, con conseguenze devastanti.
Un precedente storico: la rivolta del ‘78
Non è la prima volta che la popolazione del Golfo di Policastro scende in campo per difendere il proprio ospedale. Alla fine degli anni Settanta, una mobilitazione spontanea e di massa, culminata nell’occupazione simbolica della stazione ferroviaria, riuscì a bloccare l’Italia e ad ottenere il mantenimento del presidio ospedaliero. Oggi, a distanza di oltre quarant’anni, la storia sembra voler tornare sui suoi passi. Ma la risposta popolare, ancora una volta, è forte e decisa.
Una comunità unita: mamme, studenti, sindaci e lavoratori
Il corteo ha visto la partecipazione trasversale di tutta la comunità. In prima fila le mamme con i passeggini, gli studenti con i loro insegnanti e dirigenti scolastici, i lavoratori del pubblico impiego, gli operatori sanitari e sociali. Numerosi i sindaci del comprensorio, con fascia tricolore e gonfaloni, a testimoniare un’unità istituzionale che fa sperare in una presa di posizione concreta e duratura. Presente anche una delegazione di Alleanza Verdi e Sinistra, con il parlamentare Franco Mari, l’ex presidente della Provincia di Salerno Andrea De Simone e i promotori della sede AVS del Golfo di Policastro, Costanza Florimonte e Carlo Vita.
Una battaglia locale che parla a tutto il Sud (e all’Italia)
La battaglia di Sapri non è un episodio isolato. È l’ennesimo capitolo del disastro sanitario che colpisce in particolare il Mezzogiorno d’Italia. Negli ultimi dieci anni la Campania ha perso oltre 50 ospedali, ha visto crollare il numero dei medici di base e ha subito un costante aumento della migrazione sanitaria: ogni anno decine di migliaia di cittadini campani si spostano verso il Nord per curarsi, aggravando i bilanci familiari e il bilancio della Regione. Un’emorragia di risorse e fiducia.
I Piani di Rientro, il blocco delle assunzioni, la logica aziendalista e l’autonomia differenziata stanno trasformando il diritto alla salute in un privilegio legato al luogo di nascita. La chiusura di un ospedale in un’area interna o in un piccolo comune è una condanna all’abbandono per interi territori. E dietro ogni chiusura ci sono vite messe a rischio, parti non assistiti, emergenze senza risposta.
Un monito alla politica: tornare a investire nella sanità pubblica
Il grido che si è alzato da Sapri è anche un monito alla politica nazionale e regionale. Non si può più continuare a tagliare, a rimandare, a privatizzare. Serve un Piano straordinario per la sanità pubblica nel Sud, con assunzioni, infrastrutture, presidi territoriali e una vera rete dell’emergenza-urgenza. Servono medici, infermieri, ambulanze, investimenti. E serve soprattutto ascoltare le comunità, che conoscono i propri bisogni meglio di chi amministra da lontano.
La piazza di Sapri ha dimostrato che la partecipazione è ancora possibile, che la rabbia può diventare proposta, e che il Sud non vuole rassegnarsi a essere terra di serie B. La difesa dell’ospedale dell’Immacolata è la difesa di un’idea di sanità pubblica, accessibile, solidale. E forse, anche la speranza di una politica diversa.
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