
di Tonino Scala
C’è un limite alla follia amministrativa? A Palma Campania sembrano averlo superato. Un’ordinanza sindacale degna di una satira grottesca ha deciso di normare… gli odori. Sì, proprio così: gli odori. Non quelli tossici o nocivi — contro i quali ogni comunità dovrebbe giustamente mobilitarsi — ma in generale gli odori molesti, categoria vaga quanto arbitraria, che può comprendere dal profumo del ragù alla fermentazione dei pomodori, dalla stalla di un contadino al bucato steso del vicino.
Dietro la pretesa di tutelare la “vivibilità urbana” si nasconde invece il volto inquietante di una politica che ha perso il senso della realtà. Un’ordinanza così generica, priva di criteri scientifici e affidata al giudizio soggettivo di chi annusa, rischia di trasformare ogni cittadino in potenziale colpevole: il panettiere, il contadino, l’anziana che prepara conserve, il giovane che frigge le patatine a mezzanotte.
Ma c’è di più. Dietro questa ordinanza si intravede un messaggio ancora più pericoloso: l’intolleranza nei confronti delle comunità straniere, spesso provenienti da culture culinarie diverse, più speziate, più intense, più “visibili” – o meglio, più percepibili – a chi è sempre pronto a puntare il dito. È l’odore dell’altro a dare fastidio, non il fumo delle industrie o dei roghi tossici.
È il trionfo del decoro contro la vita. Un’idea di città inodore, asettica, che cancella la memoria olfattiva dei luoghi e la ricchezza di una quotidianità fatta anche di mescolanze, contrasti, umanità. Perché Palma Campania, come tanti altri paesi del Sud, ha sempre profumato di sugo, di campagna, di legno bruciato, di feste popolari.
Questa ordinanza è il simbolo di una politica cieca, incapace di affrontare i problemi veri — i rifiuti, l’inquinamento industriale, l’abusivismo — e pronta invece a colpire ciò che è più semplice e vulnerabile: le abitudini quotidiane della gente, soprattutto se altra.
Una comunità si difende con l’ascolto, non col fiuto autoritario. E l’odore di questa ordinanza sa tanto di repressione. E di pregiudizio.
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