
di Tonino Scala
Ormai Italo Bocchino è la voce ufficiale della destra nei talk show. Più che un opinionista, somiglia sempre di più a un portavoce non dichiarato della Presidente del Consiglio. Dove c’è da difendere l’indifendibile, lui c’è. E questa volta l’ha sparata davvero grossa: «Candidiamo Giorgia Meloni al Nobel per l’economia». Sì, avete letto bene. Non era una battuta, o se lo era, era di quelle che fanno più male che ridere.
La scena si consuma su LA7, nel programma In Onda. Bocchino snocciola numeri e li presenta come prove inconfutabili di un miracolo economico italiano. Secondo lui, i conti pubblici vanno bene, l’inflazione è crollata, il potere d’acquisto è aumentato, l’occupazione è stabile. Tutto perfetto. Applausi, tappeto rosso e magari pure una standing ovation. Peccato che la realtà, quella raccontata dai dati dell’ISTAT, sia un po’ diversa.
La tecnica è sempre la stessa: si prendono alcuni numeri, li si decontestualizza, si ignora ciò che non conviene dire, si confeziona il tutto in una narrazione autocelebrativa e si lancia il messaggio. È così che la destra costruisce il suo racconto: semplificazione, ripetizione, spettacolarizzazione. E se qualcuno osa fare domande, viene subito accusato di essere fazioso, pessimista, ideologico.
Ma torniamo ai numeri. È vero, l’ISTAT ha registrato un aumento del potere d’acquisto delle famiglie (+0,9% nel primo trimestre 2025). È vero anche che l’inflazione è scesa, attestandosi all’1,7% a giugno. E che il reddito disponibile è salito dell’1,8%. Ma è altrettanto vero che il disavanzo pubblico è all’8,5% del PIL, che la pressione fiscale è cresciuta al 37,3% e che la crescita economica resta debole, con un PIL che nel primo trimestre è salito appena dello 0,3%.
E allora dov’è questo miracolo? Dove sono gli indicatori da premio internazionale? Perché se si guarda il quadro complessivo, l’Italia si trova in una situazione di fragile equilibrio. Le famiglie risparmiano un po’ di più, ma spesso per timore del futuro, non per ottimismo. I consumi crescono, ma restano sotto i livelli pre-pandemia. L’occupazione migliora, ma i salari sono ancora bassi e il lavoro povero dilaga.
La propaganda, però, ha bisogno di eroi e trofei. E così Bocchino lancia la provocazione (o forse il desiderio): Nobel per Meloni. Poco importa che l’economia reale sia molto più complicata della narrazione televisiva. Poco importa che milioni di italiani sentano ogni giorno sulla propria pelle quanto sia difficile arrivare a fine mese, con bollette alte, mutui in salita, sanità a pagamento e salari che arrancano.
La verità è che nel pieno dell’estate, mentre il sole brucia e la crisi sociale non dà tregua, la destra continua a costruire castelli di sabbia. E a venderli come fortezze. L’ennesimo show. Ma fuori dagli studi televisivi, nei quartieri popolari e nelle periferie, la realtà resta dura e testarda. E i premi, se ci saranno, dovranno andare a chi ogni giorno lotta per non farsi travolgere dal caldo, dal caro vita e dalla retorica.
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