Napoli tra slogan e realtà: perché non basta dire tornate

di Monica Buonanno

In tutta onestà, stento a trovare l’entusiasmo della campagna “Ragazzi, tornate a Napoli”. Stento, anche, a trovare motivazioni che non siano solo slogan e/o mezze verità. La città vive un momento di boom che non mi sembra essersi, al momento, tradotto in una vera occasione di sviluppo duraturo e sostenibile. Il lavoro, quello equo, garantito, tutelato, ha forme ben precise, contorni organizzati; è supportato da imprese consapevoli e Istituzioni pronte con risposte rapide. È vero che Napoli ha riscoperto un turismo importante, che l’Academy di Napoli Est è una eccellenza, che Atenei e Imprese stanno provando a colmare il mismatch. E, ancora, la moda, la sartoria, l’automotive, l’artigianato, settori che si profilano allettanti e vincenti.

Ma abbiamo i dati, speculari, incontrovertibili. Disoccupazione giovanile che sfiora il 41 per cento, per le giovani donne oltre il 45 per cento (Dati Istat – Istituto Nazionale di Statistica), più del doppio del valore nazionale; il tasso di inattività (che secondo me tratteggia al meglio i mercati del lavoro) in Italia è al 33,4 per cento e a Napoli il 46,5 (per le donne supera il 62%) e si può continuare scendendo ancora più in profondità: tasso di maternità precoci, abbandono degli studi, fenomeno degli expat,….

Il tutto si deve tenere, compresa l’analisi delle politiche sociali generative e non assistenziali, in un ragionamento che non lasci nulla al caso.

Ecco questo in sintesi per dire che in tutta onestà, stento a trovare l’entusiasmo per la campagna “Ragazzi, tornate a Napoli”.

Lo dico in nome delle migliaia di giovani nel settore della ristorazione che guadagnano nemmeno 600 euro al mese, di lavoratrici e lavoratori coinvolti nei processi di crisi aziendali e che non sanno cosa accadrà domani, di quelle donne sole con figli piccoli che vivono l’angoscia della scelta tra il lavoro e la cura. Lo dico in nome di quei genitori che accompagnano i figli alle stazioni ferroviarie dopo le ferie estive e di Natale, di quei nove milioni di Italiani che questa estate non hanno potuto fare vacanze (e non chiamiamola staycation che è pure peggio…).

Io non ho il coraggio di sollecitare un figlio di questa terra a tornare, non capisco nemmeno come si faccia a immaginare una campagna del genere, a queste condizioni, non supportata da evidenze, da un set di servizi e misure adeguate, da offerte di lavoro (vero), da una oleografia diversa da quella che quotidianamente ci fanno ingoiare.

Forse c’è un’occasione per una visione larga in termini di contenuti e lunga in termini di sostenibilità e si chiama Politica, e il maiuscolo non è un caso. Serve fare Politica, serve pensare in modo critico, confrontarsi su tavoli ampi, portare competenza dove manca, con spirito di servizio e non preludio ad altro.

E’ vero, Napoli e la Campania possono essere terra di giustizia e coesione sociale, luogo di occasioni sostenibili, di fondi pubblici ben allocati e ben spesi, di strategia finalizzata al benessere collettivo, di turismo che non mangia il territorio, di quartieri che non escludono i residenti, di verde pubblico e di mare fruibili. Basta cambiare rotta e guardare la realtà E da questa, riprendere il cammino.

Per ora, stento a trovare l’entusiasmo per la campagna “Ragazzi, tornate a Napoli”…

Cerco, una volta tanto, qualcuno che mi dia torto.

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