La destra è amica del coronavirus?

di Aleandro Longhi

Si può dire che la destra è amica del coronavirus? Lo si è potuto constatare dalla manifestazione del Generale Antonio Pappalardo, ma anche successivamente con l’apoteosi della manifestazione del 2 Giugno indetta dalla Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia: in entrambe le manifestazioni, non sono state osservate le regole del distanziamento sociale, né tantomeno l’obbligo delle mascherine. Se il Manzoni riscrivesse “I Promessi Sposi”, la destra sarebbe catalogata tra gli untori. Leggendo queste notizie sui giornali, mi è tornata alla mente la mia Genova e la mia Liguria. Che il Covid-19 viaggiasse in Italia già dal dicembre 2019, è notizia di poco tempo fa, allora non si sapeva, ma che il 21 febbraio 2020 la pandemia, fosse già esplosa in Lombardia e Veneto, era invece cosa nota. Come aveva dichiarato l’assessore ligure alla sanità Sonia Viale il 24 febbraio, invece in Liguria non era stato segnalato alcun infetto. Tra il 21 e il 24 febbraio, si colloca una data importante, quella del 23 febbraio. Alle 20 c’è stata la megalattica cena elettorale indetta da Salvini alla Fiera di Genova che, oltre ad avere come ospiti d’onore il Presidente della Regione Toti e il Sindaco Bucci, ha visto la presenza di circa 1.500 persone. Molti sono stati i Lombardi calati a Genova nell’occasione, al seguito del milanese Salvini e del suo entourage. Mi rendo conto che per Toti era un’occasione unica: era la cena che sanciva la sua ricandidatura alla presidenza della Regione Liguria, ma di fronte alla pandemia da coronavirus ormai conclamata, il massimo responsabile della sanità ligure e il suo sodale sindaco Bucci, massimo responsabile della salute dei cittadini genovesi, avrebbero dovuto preoccuparsi della nostra salute e della possibilità di importare il Covid-19 dalla Lombardia e che questo potesse tranquillamente proliferare nella calca di una cena da 1.500 commensali che, ovviamente non potevano osservare le regole del distanziamento sociale, né per precauzione indossare la mascherina. A dire il vero, il “nostro” Toti aveva pensato e firmato un’ordinanza per salvaguardare la salute dei Liguri ben prima di recarsi alla cena elettorale, ma per non disturbare l’adunanza leghista e la sua investitura a candidato, ha pensato in maniera premeditata, di far entrare in vigore l’ordinanza dopo la cena, ovvero allo scoccare della mezzanotte del 23 febbraio. Possiamo noi Liguri fidarci di un tal Presidente, che per il suo tornaconto elettorale ha fatto decorrere l’ordinanza anti coronavirus a dopo l’assembramento dei 1.500 leghisti liguri e lombardi? Siamo sicuri che la pandemia a Genova non sia stata scatenata proprio da quella cena? È giunta notizia che uno storico militante della Lega, Marco Tardito, residente ad Arenzano e che aveva attivamente partecipato alla cena di Salvini del 23 febbraio, è morto il 3 maggio 2020 perché infettato dal coronavirus. Alla famiglia di Marco Tardito è stato inviato un messaggio di cordoglio da Matteo Salvini. Non sappiamo se questo messaggio abbia alleviato iI dolore della famiglia, né se il Tardito fosse stato infettato prima, durante o dopo la cena dei 1.500. Resta iI fatto che, se Salvini non avesse organizzato la cena, se Toti avesse attivato la sua ordinanza prima della cena o Bucci l’avesse vietata, sarebbe stato meglio per popolazione genovose e ligure. Non sappiamo se qualcuno dei 1.500 partecipanti alla cena fosse infetto, se qualcuno sia stato infettato nell’occasione, ma sarebbe stato senz’altro doveroso che la Lega avesse fornito alle competenti autorità l’elenco dei partecipanti, per poter verificare l’eventuale danno epidemiologico prodotto da quella inopportuna cena elettorale.
Dopotutto Genova e la Liguria, sono ai primi posti per il contagio e I morti rispetto al numero degli abitanti: qualcuno ne avrà la responsabilità?

 

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