Se i diritti si trasformano in trend topics

di Monica Buonanno

C’è un fenomeno che caratterizza sempre più il dibattito pubblico contemporaneo: i diritti fondamentali trattati come hashtag, le emergenze sociali ridotte a slogan, le questioni strutturali affrontate con la stessa superficialità di un post virale. Nell’era dei social media e della comunicazione istantanea, assistiamo a una pericolosa trasformazione: ciò che dovrebbe essere oggetto di politiche pubbliche serie e di lungo periodo diventa trend topic, argomento del momento destinato a scomparire dal radar mediatico nel giro di qualche settimana.

Il diritto al lavoro, quello a un’abitazione dignitosa, l’accesso alla formazione, alla salute, ai trasporti efficienti, a un welfare che protegga davvero: questi non sono temi da cavalcare opportunisticamente. Non sono contenuti da sfruttare per qualche like o per intercettare il malcontento del momento. Sono i pilastri su cui si costruisce una società giusta, equa, in cui ogni persona possa vivere con dignità.

Eppure, sempre più spesso, assistiamo a una narrazione frammentata e superficiale di questi diritti. Si parla di emergenza abitativa quando un fatto di cronaca la porta all’attenzione dei media, per poi non trattarla modo adeguato. Si discute di lavoro povero quando vengono pubblicate le statistiche più allarmanti, per poi passare ad altro. Si promettono rivoluzioni nel sistema sanitario, per poi accantonarle di fronte alla complessità della governance.

I numeri di un’emergenza ignorata

Prendiamo il diritto all’abitare. Nel 2024 sono stati emessi oltre 40.000 provvedimenti di sfratto ogni anno tra il 2021 e il 2024, mentre il peso medio del canone di locazione sui redditi da lavoro dipendente nei capoluoghi di provincia è passato dal 31,6% nel 2018 al 35,2% nel 2023, superando il 40% in città come Firenze (46,5%), Roma (41,5%) e Bologna (40,2%). Secondo un’indagine dell’Unione degli Universitari, il 62% degli studenti fuori sede ha difficoltà a trovare un alloggio regolare, mentre il 28% segnala condizioni abitative degradate e il 18% denuncia la totale mancanza di contratto.

E il lavoro? Il Rapporto Istat 2024 rivela che l’8,2% degli occupati è a rischio povertà assoluta, mentre la percentuale di cittadini occupati a rischio povertà è all’11,5%. Tra il 2013 e il 2023 il potere di acquisto dei lavoratori è sceso del 4,5%, mentre in Francia è cresciuto dell’1,1% e in Germania del 5,7%. La povertà lavorativa riguarda in particolare gli operai: in dieci anni si è passati dal 9% del 2013 al 14,6% nel 2023.

Ad agosto 2024, i lavoratori precari in Italia risultano circa 2,8 milioni, mentre l’occupazione a tempo determinato è passata dal 5% degli occupati nel 1990 al 17% alla fine del 2023. La retribuzione reale media del lavoratore italiano oggi è inferiore a quella del 1990: un unicum nel panorama delle economie avanzate.

La logica dello spunto da lanciare

Questa logica dello “spunto da lanciare”, invece che della programmazione e della progettazione responsabile, è profondamente dannosa. Perché i diritti non vivono isolati in settori chiusi: una persona che non ha una casa stabile fatica a mantenere un lavoro. Chi non ha accesso a trasporti decenti non può raggiungere opportunità formative. Chi lavora in condizioni precarie non riesce a curarsi adeguatamente, né può permettersi un affitto dignitoso. I diritti sono interconnessi, si rafforzano o si indeboliscono insieme.

Serve un approccio intersezionale, capace di leggere la complessità e di governarla. Serve competenza, quella vera, che nasce dallo studio, dall’ascolto di chi vive sulla propria pelle queste difficoltà, dal confronto con esperti e operatori. Serve una visione di lungo periodo, perché le trasformazioni strutturali non si realizzano in pochi anni né tantomeno in un ciclo di notizie. E serve la capacità politica di tenere insieme i fili, di costruire politiche integrate che non affrontino il lavoro senza pensare alla casa, la formazione senza considerare i trasporti, la salute senza guardare al reddito.

Il rischio, altrimenti, è che i diritti fondamentali finiscano per essere percepiti come promesse vuote, slogan, contenuti per riempire una bacheca social. E quando i cittadini perdono fiducia nella possibilità che la politica possa davvero migliorare le loro condizioni di vita, si sgretola il patto sociale stesso su cui si fonda la democrazia.

I diritti non sono trend. Sono conquiste faticose, responsabilità collettive, impegni da onorare ogni giorno. Trattarli come argomenti di moda da cavalcare momentaneamente non è solo superficiale: è un tradimento verso chi di quei diritti ha bisogno per vivere dignitosamente. È la rinuncia a governare la complessità in favore della comunicazione facile. È la vittoria dell’apparenza sulla sostanza, del like sulla politica vera. Quella che in molti stanno dimenticando e a cui invece sono fortemente agganciate le persone che sui diritti hanno fondato la loro vita, politica, personale e professionale. Ce ne sono, anche in questa campagna elettorale così complessa.

Be the first to comment

Leave a Reply