di Giovanni Paonessa
È un ricordo che mi ha accompagnato per tutto il corso della mia vita. Ero un adolescente, frequentavo ancora le scuole medie e provavo a tenermi informato su cosa stesse accadendo nel nostro Paese in fermento. Mio padre faceva il ferroviere e in casa, con tre figli piccoli, lo stipendio non bastava mai. Per il 19 novembre 1969 CGIL, CISL e UIL avevano indetto uno sciopero generale per la casa. Un tema estremamente sentito nel Paese e, sebbene noi abitassimo in un appartamento di servizio, l’appello allo sciopero andava ben al di là delle contingenze personali.
Eravamo seduti a tavola per pranzo, e mia madre e mio padre parlavano dello sciopero che si sarebbe tenuto qualche giorno dopo. C’era una decisione da prendere. Se mio padre avesse aderito, il mese successivo i soldi a disposizione sarebbero stati ancora di meno.
Mia madre, ancora più convinta di mio padre, era per stringere la cinta. Se c’è sciopero, si sciopera! Mi inserii a mia volta nella discussione, non avevo molti argomenti, ma sentivo che – anche in ricordo di mio nonno socialista durante il fascismo – fosse giusto che mio padre desse il suo contributo. Fu la mia prima riunione sindacale, era nel destino che non sarebbe stata l’ultima.
Purtoppo lo sciopero non cadeva di venerdì (ho controllato) e non fu possibile organizzare un week-end lungo in costiera amalfitana. D’altra parte, i ferrovieri non conoscevano (e non conoscono) la settimana corta. Così come i sanitari, gli addetti ai servizi e al commercio…
La destra abolirebbe volentieri l’art. 40 della Costituzione e le leggi che regolano il diritto allo sciopero. Non avendo (ancora?) la forza di farlo, hanno deciso di ridicolizzare e colpevolizzare chi sciopera. Ma utilizzano un argomento paradossale. Si sciopera per fare il week-end lungo. Che fa il paio con l’invito ad andare al mare quando ci sono le votazioni per un referendum indigesto. Ma in quale Paese vivono? Si sciopera proprio perché le famiglie non ce la fanno più ad arrivare a fine mese. C’è chi, non avendo la disponibilità economica, rinuncia a curarsi. Altro che mare, altro che week-end! Inoltre, detto per inciso, nell’ambito dei cicli produttivi, lo sciopero a fine settimana (così come a fine turno) riduce i disagi organizzativi connessi alla ripartenza. Non a caso, quando le vertenze incalzano e coinvolgono direttamente le specifiche aziende, anche gli scioperi sono articolati differentemente. Basterebbe chiedere ai proprietari delle “fabbrichette” che dicono di rappresentare o direttamente a Confindustria, dalla quale spesso prendono ordini. Come avvenne anche quel maledetto 12 dicembre del 1969, in risposta allo sciopero generale al quale aveva partecipato pure la mia famiglia. La predica viene da Parlamentari che il giovedì pomeriggio affollano gli aereoporti per ritornare a casa, pardon nel “collegio”. Sono cambiate le leggi elettorali, ma la settimana cortissima è rimasta un privilegio che non vogliono condividere con addetti ai call-center, netturbini, insegnanti e operai di linea. Non c’è più morale, contessa!
P.S. I pensionati non possono scioperare. Ho deciso che il 12 dicembre devolverò la corrispondente quota di salario a favore di Emergency che continua a garantire cure e assistenza nella martoriata terra di Palestina.
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