
di Massimo Dibiase*
Già da qualche anno Islanda e Belgio hanno adottato la settimana corta, ovvero le quattro giornate lavorative a parità di salario. In questi due paesi, dopo un primo periodo di sperimentazione e dopo aver osservato risultati positivi sia in termini di produttività, sia per la qualità della vita dei dipendenti, alla fine si è provveduto ad adottare la settimana corta.
In altri paesi come Spagna, Germania, Regno Unito e Svezia sono in corso dei progetti pilota che puntano ad abbassare le ore settimanali spalmandole in quattro giornate, con risultati incoraggianti.
Altri ancora, Estonia e Slovacchia, nel settore pubblico consentono la settimana corta ai genitori con figli sotto i tre anni con retribuzione piena.
In Italia attualmente è in discussione in Commissione Lavoro della Camera dei deputati una proposta di legge di Alleanza Verdi e Sinistra per introdurre la settimana lavorativa di quattro giorni. Il testo prevede la riduzione dell’orario di lavoro a 34 ore effettive, mantenendo invariata la retribuzione, per liberare il tempo al lavoro, per dedicarlo ai propri affetti e alle proprie passioni.
Mentre in mezza Europa accade tutto questo, in Costiera si registrano ancora condizioni di lavoro ottocentesche. Gli operai dei pastifici di Gragnano nel 1800, che a piedi si recavano al lavoro spingendo una barra orizzontale per pressare con la loro fronte l’impasto, lavoravano 14-15 ore al giorno e a fine giornata, distrutti e sempre a piedi, facevano ritorno alle proprie abitazioni. Così attualmente alcuni lavoratori del comparto dell’accoglienza, ovvero dei ristoranti, degli alberghi, delle pizzerie, degli agriturismi e degli stabilimenti balneari della costiera lavorano tra le 12 e le 15 ore al giorno.
Alcuni cominciano la loro giornata lavorativa alle sei e mezza del mattino per preparare le colazioni, continuano con il pranzo per poi terminare intorno alle dieci di sera con la cena. Altri ancora cominciano alle dieci del mattino, quando devono preparare il locale per il pranzo, e terminano la loro giornata lavorativa intorno alle 2 o alle 3 di notte, quando si chiude. Altri ancora iniziano intorno alle 8 del mattino per terminare alle 7 di sera, quando il sole d’estate tramonta.
Nessuno mette in dubbio che si tratta di lavoro stagionale, cioè tra sei e nove mesi all’anno, tant’è che da Capodanno a Pasqua le attività delle zone di Sorrento, Positano ed Amalfi sono tutte chiuse, ma ciò non giustifica l’enorme carico di lavoro giornaliero, che potrebbe cagionare danni alla salute, infortuni o malori per il troppo caldo.
Un altro dato contrastante è dato dai salari e dagli stipendi. Infatti in Europa si sperimenta la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, mentre il salario minimo, già adottato in 22 paesi europei su 27, in cinque paesi come Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio, Germania, Francia è superiore a 1.500 euro.
In costiera invece i lavoratori malgrado lavorino così tante ore al giorno, credono di guadagnare bene, ma I loro stipendi non superano i 1800 euro, altrimenti, così viene detto loro dai datori di lavoro, se vogliono lavorare solo otto ore al giorno, a malapena guadagnerebbero 1200 euro. C’è da dire che nel 90% dei casi si parla di lavoratori qualificati, in quanto conoscono bene due o tre lingue straniere e molto spesso vengono dalle locali scuole alberghiere, dove imparano a lavorare a livelli eccellenti. Dunque non sono giustificabili né tali orari di lavoro, né salari così bassi. Per vivere un po’ meglio si accettano condizioni di lavoro al limite delle forze fisiche, nell’indifferenza totale di tutte le istituzioni, comprese tutte le altre forze politiche, che quando governano le cittadine sono tutte protese a promuoverne il brand, nome altisonante o marchio, che si fonda sullo sfruttamento dei lavoratori, ridotti quasi come schiavi, come quelli già menzionati del 1800, che per pochi centesimi, accettavano tremende condizioni di lavoro. Queste altre forze politiche ipocritamente si riempiono la bocca con la legalità, che si traduce nell’andare solo contro la criminalità organizzata. Si organizzano incontri e convegni, delle vere e proprie passerelle, in un contesto quale quello della costiera dove la camorra non è presente e invece ci sono altri scottanti problemi, tra gli altri quello della schiavitù lavorativa, che vengono taciuti.
Lo ribadiamo ancora una volta ne cominciamo a parlare, affinché i lavoratori in questa prima fase comincino a prendere piena coscienza delle loro condizioni. Al tempo stesso apriamo una fase di ascolto per verificare se altri lavoratori, o ancora lavoratori di altre categorie, abbiano problemi sui luoghi di lavoro di tutta la costiera.
* L’autore è il coordinatore cittadino di Sinistra Italiana Vico Equense – AVS
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