Questi sono i giorni in cui… il coraggio di ricordare e affrontare il dolore

di Floriana Mastandrea

 

Questa lettera strazia il cuore, rievoca momenti bui e tristi, ma è necessaria per non dimenticare, per tenere alta la guardia e soprattutto, per imparare ad affrontare il dolore più lacerante, senza rinnegarlo. Finché riguarda l’umanità, composta, giova ricordarlo, da nostri fratelli e sorelle, un dolore, anche quando non ci ha colpiti direttamente, ci riguarda e ci appartiene. E se ancora ci resta (come spero) un pò di empatia, non possiamo non sentire come nostro ogni dolore di altri esseri umani. E più il dolore è lacerante, più ci riguarda, più cambia la nostra visione del mondo e si imprime indelebile nella nostra anima, incitandoci a ribellarci verso ciò che lo ha provocato: l’incuria, l’arroganza, i diritti violati o la guerra, la forma di aggressione più crudele, barbara, inaudita e fallimentare, che l’essere umano abbia mai inventato.

L’autrice, Grazia Lo Conte, ha subìto un grave lutto in famiglia per il Covid-19: il 21 marzo 2020 a Bergamo è morto prematuramente a 49 anni, Massimo Ciancio, suo genero, marito di Annarita La Porta e padre di tre figli. Grazia lo considerava più di un figlio e ne apprezzava il carattere: “solare, gentile, ironico, generoso e giusto, nel suo lavoro di commercialista. Lui, di origine napoletana, trapiantato al Nord, era molto amato anche in quella Bergamo iperproduttiva, non facile ad aprirsi ai rapporti umani: con la sua genuinità riusciva ad entrare nel cuore di tutti”.

Massimo è stato parte di quella strage di innocenti, che Bergamo e città limitrofe, avrebbero potuto evitare, se solo all’inizio dei contagi da coronavirus, avessero interrotto immediatamente ogni attività. Anche il giornalista bergamasco Cristiano Gatti, aveva denunciato l’iperproduttività e l’avidità dei bergamaschi (palancaia), nel non volersi fermare di fronte alla pandemia incalzante, nonché la stoltezza delle cariche istituzionali, nell’averne sottovalutato la portata.

Grazia da allora, ha scritto diverse lettere, evidenziando l’imperdonabile leggerezza degli amministratori e delle autorità sanitarie e regionali, nel sottovalutare il dramma che l’epidemia avrebbe scatenato, auspicando, a strage finita, la costituzione di un Comitato per mandarli a processo, per “attentato alla salute pubblica e procurata strage”. Ha anche precisato che avrebbe fatto volentieri a meno della visibilità che ne è derivata, ma ha voluto pubblicarle “per cercare di sensibilizzare sull’argomento e far conoscere la realtà più cruda vissuta sulla mia pelle e su quella della mia famiglia. Una realtà di malattia e morte, che ci ha procurato un dolore immenso. Vorrei che questo servisse da monito, perché non si continuino a fare gli stessi errori perpetrati fino ad ora. Se le mie denunce dovessero essere utili a salvare anche soltanto un’unica vita umana, avrei già raggiunto un grande obiettivo!”.

Le precedenti, toccanti lettere di Grazia, sono state pubblicate su vari media cartacei e on line, e sono altresì riportate nel mio libro:

Wuhan – Ariano Irpino, Diario di una pandemia.

La lettera aperta
Sono Grazia Lo Conte. Mi rivolgo con questi miei pensieri, alle autorità politiche e sanitarie di Bergamo e della Lombardia, nei giorni in cui il ricordo di tutte le vittime della pandemia del marzo 2020 e oltre, è ancora e sarà sempre, lacerante.

Questi sono i giorni in cui non avreste mai dovuto inculcare nei cittadini la convinzione che il Covid fosse solo un po’ più pericoloso di un’influenza.
– Questi sono i giorni in cui non avreste dovuto consentire lo svolgimento della partita Atalanta – Valencia con 35.000 spettatori, 17 mila dei quali risultati contagiati (come risulta da indagini svolte e pubblicate sui media).

– Questi sono i giorni in cui avreste dovuto chiudere subito gli ospedali di Nembro e Alzano e non lo avete fatto.

– Questi sono i giorni in cui non avete avuto l’umiltà di guardarvi intorno e imitare i comportamenti dei Veneti, sicuramente più adeguati dei vostri.

– Questi sono i giorni in cui non avreste mai dovuto riempire la città con i poster: “Bergamo non si ferma”, “Milano non si ferma”!

– Questi sono i giorni in cui avreste dovuto mettere da parte la vostra “PALANCAIA” e pensare che la vita di migliaia di persone valesse più della vostra, tanto vantata, supremazia economica.
– Questi sono i giorni in cui dovrete sempre ricordare il breve e sentito monito del Presidente della Repubblica Mattarella, del 28 giugno davanti al cimitero di Bergamo, con il quale invitava tutti a “NON RIPETERE MAI PIÙ I RITARDI E GLI ERRORI DEL PASSATO”.
– Questi sono i giorni in cui ricordare e ringraziare tutto il personale medico e paramedico, che si è tanto impegnato, ma non ha potuto fare altro che prendersi cura e accompagnare le frotte di ammalati, dal corridoio alla camera, dalla camera alla sub-intensiva, dalla sub-intensiva all’intensiva, dall’intensiva alla bara.
– Questi sono i giorni in cui ricordare la struggente canzone che Roby Facchinetti dedicò a Bergamo e che nel finale recita: “Questi giorni cambieranno i nostri giorni, ma stavolta impareremo un po’ di più”. Imparate, imparate e non dimenticate!
Chi, come me, ha perso una persona cara nella tragedia di Bergamo, non dimenticherà e forse non perdonerà mai chi avrebbe dovuto spegnere la miccia prima che la bomba scoppiasse.

Questi pensieri, per non dimenticare il passato, anche in questi momenti di apprensione e di angoscia, per avvenimenti ancora più tragici.

 

 

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