di Tonino Scala *
È giunto il momento di tornare ad ascoltare il lavoro.
Quello che c’è. Quello che non c’è, ma serve al Paese.
Sì, perché vanno unite le due cose.
Si è poveri in Italia quando non si lavora, ma il paradosso è che si è poveri anche, anzi oserei dire soprattutto, quando lavori.
In questo Paese il lavoro, da solo, non lo trovi, c’è sempre qualche aggettivo che ti frega.
Qui il lavoro è precario, a tempo determinato, a partita Iva, cococo, cocopro, stage e chi più ne ha più ne metta. Negli ultimi venti anni pur essendo sempre lavoratori dipendenti si sono inventati le forme più fantasiose se così possiamo dire, per cancellare diritti. Il diritto a poter stare male, il diritto ad avere le ferie, il diritto a lavorare il tempo giusto, il diritto di lavorare e non lasciarci le penne. Quattro vittime al giorno in media, ogni giorno, tutti i giorni, con picchi quotidiani di sette-otto tragedie. Come in guerra. Una guerra silenziosa che merita non vendetta, la vendetta è sempre sbagliata, ma occhi e orecchie, intelligenza e buon senso, mani e forza per affrontarla. Una guerra senza fine che miete tante vittime. Va messo però un punto. Fermo.
Nel nostro Paese quando lo tieni un lavoro, quest’ultimo non ti dà, nonostante il duro, interminabile sfruttamento non solo in termini orario, ma di diritti, la possibilità di campare.
Per questo motivo condividiamo la scelta della CGIL di convocare questa manifestazione fissando la data prima della tornata elettorale. Come a dire chiunque vincerà le elezioni dovrà non solo tener conto del mondo del lavoro, ma intervenire in modo serio senza tentennamenti.
Per non parlare di quello che accade al Sud, in quel Mezzogiorno dimenticato dove il Reddito di cittadinanza, che stanno provando con tutti i mezzi a loro disposizione a cancellare, è stato l’unico strumento che ha aiutato quella zona del Paese dimenticata da Dio e dagli uomini. Non oso pensare cosa sarebbe stata la pandemia senza quello strumento.
Certo va rivisto, ma chi come la Campania che lo ha inventato questo dispositivo grazie alle battaglie della sinistra in Consiglio regionale, sa che è necessario e non può essere legato alle politiche occupazionali che sono altra cosa.
Il reddito di cittadinanza è lotta alla povertà in un Sud, in un Paese dove essere povero sembra esser diventata una colpa.
L’Italia è l’unico Paese europeo in cui gli stipendi sono rimasti fermi agli anni ’90.
L’Italia è uno dei pochi Paesi in cui non esiste una legge appositamente pensata per istituire un salario minimo. L’unico disegno di legge lo abbiamo presentato noi ed è a firma di Nicola Fratoianni, il nostro segretario.
L’Italia è l’unico Paese dove la rendita finanziaria è tassata meno del lavoro.
I soldi alle aziende sono stati giustamente dico dati in questi anni, così come alle banche per aiutare i risparmiatori, il lavoro, chi produceva lavoro. Tutto giusto.
Ora sono i lavoratori, come sempre oserei ribadire, è il mondo del lavoro ad arrancare è giunto il momento non di dare risposte, ma di evitare la catastrofe. I soldi pubblici servono per tutelare chi lavora e chi un lavoro non ce l’ha. Il lavoro deve tornare al centro della politica.
Bisogna tassare gli extraprofitti di chi sta utilizzando la crisi energetica per accumulare capitale. Per finanziare le nuove misure contro i rincari delle bollette
Superare il Jobs Act e le norme che hanno precarizzato il lavoro, abolendo le tipologie di lavoro precario e sottopagato e introducendo un contratto unico di ingresso
Definire un nuovo statuto dei diritti. Riduzione e ridistribuzione degli orari di lavoro per costruire una nuova occupazione stabile.
Bisogna contrastare con tutte le nostre forze l’Autonomia Differenziata: sarebbe la nostra fine. Così come la Flat tax, se lo dice anche Confindustria c’è qualcosa che non torna.
Modificare radicalmente il sistema previdenziale superando la riforma Fornero per garantire flessibilità in uscita.
Servono nuove politiche industriali. Condizionare i finanziamenti pubblici alla stabilità lavorativa. Bisogna ritornare all’art. 18. La dico così senza tentennamenti.
Riqualificazione delle periferie urbane, il tema della Casa per i poveri non può essere affrontato come han fatto in questi anni con il Piano Casa che serviva solo ad andare in deroga a strumenti urbanistici per cambiare il volto delle nostre coste e cementificare tutto. Bisogna intervenire sui centri antichi, bisogna finalmente porre mano al 110% che serviva per mettere in sicurezza un patrimonio edilizio ormai vecchio. Si è trasformato in altra cosa.
Serve una politica per il sud. Seria. Vera. Se non parte il Sud, dico parte, non riparte perché qui siamo all’anno zero, non ci sarà futuro non per il Mezzogiorno, ma il Paese Italia. Stanno provando a mettere in discussione quel 40% di fondi del PNNR destinati al Sud che per tante ragioni non saranno spesi. I comuni gli enti pubblici da queste parti non hanno personale, questa non è una scoperta che facciamo oggi. E pensare che quel 40% è già a ribatto perché l’Europa ci diceva che doveva essere il 60%.
Bisogna avere la capacità di mettere sullo stesso piano la riconversione ambientale e quella dei diritti. Oggi più che mai è necessario governare il processo di giusta transizione dei lavoratori nella riconversione sostenibile dell’economia. Non c’è più tempo.
Per queste ragioni l’8 ottobre saremo in piazza con la CGIL.
*Coordinatore Regionale Sinistra Italiana Campania
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