Bene la Manovra ma occorre fare di più

di Raffaele Cimmino

La manovra di 55 miliardi di euro taglia 4 miliardi di IRAP, troppi. Non perché in assoluto sia sbagliato preservare la liquidità delle imprese, che tra le altre cose soffrono della scarsa propensione delle banche a immettere denaro nell’economia reale, attraverso un taglio una tantum delle tasse. Ma perché non si fa distinzione tra le imprese, tra quelle che non hanno subito alcun danno dalla crisi Covid e chi ha effettivamente ridotto o fermato le attività. La manovra inoltre finanzia per tre miliardi la sanità pubblica; bene. Ma anche l’IRAP finanzia la sanità pubblica. Si rischia insomma una parziale partita di giro.
Invece i tre miliardi che dovevano servire al reddito di emergenza sono stati ridotti a uno solo per dare vita a un obolo di appena 800 euro, diviso in due tranche mensili di quattrocento euro; male. Nel segno complessivamente positivo della manovra questo è un limite che denuncia un errore di tipo economico e uno di tipo politico. Quello di politica economica è la convinzione che basti tagliare le tasse alle imprese per farle volare, cioè perlopiu mantenere quote di mercato estero. Purtroppo tutto fa pensare che neanche questa volta servirà ridurre i costi delle imprese per competere meglio sui mercati mondiali, ricetta insufficiente da diverso tempo. Quello politico è l’eccessiva accondiscendenza verso l’ organizzazione confindustriale e il suo nuovo presidente che ha subito fatto la voce grossa. Un esito a cui ha contribuito il vero e proprio lavoro di lobbying dei renziani ma anche la sensibilità di larghe aree del Pd alle ragioni dell’impresa. Manca un vero segnale di riequilibrio sociale tra chi ha di più e chi non ha. Se è vero che questo è un governo la cui azione è condizionata da spinte contrastanti e che non ha alternative migliori nel quadro dato, occorre che sia trovato subito nel passaggio in Parlamento e poi nella prossima, inevitabile, manovra un punto di equilibrio più avanzato verso i settori sociali più deboli che saranno inevitabilmente i più colpiti dalla crisi. E insieme – lo dice bene il segretario della CGIL, Landini – un vero piano di politica economica e industriale che manca da troppo tempo e che a questo punto è indilazionabile.

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