Corruzione politica, crisi della rappresentanza e riforme istituzionali: una riflessione critica da sinistra

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di Michele Iervolino

Introduzione

La corruzione politica è oggi uno dei principali sintomi della crisi della democrazia rappresentativa. Troppo spesso si commette l’errore di interpretarla esclusivamente in termini penalistici o moralistici, dimenticando che essa affonda le sue radici nelle disfunzioni strutturali del sistema politico. In Italia, le riforme istituzionali introdotte dopo Tangentopoli – in particolare l’elezione diretta dei sindaci – hanno contribuito a una progressiva individualizzazione del potere e a un indebolimento della funzione collettiva della rappresentanza. Occorre allora una riflessione critica, capace di rimettere al centro la trasparenza, la responsabilità e la funzione politica dei cittadini.

Come scriveva Pier Paolo Pasolini:

“Il potere è sempre corrotto, anche quando si esprime con onestà: la sua corruzione è insita nel fatto che esiste come potere.”[1]

È proprio su questo paradosso – l’inevitabile tensione tra potere e controllo democratico – che si misura oggi la capacità di rigenerare la democrazia.

1. La corruzione politica come sintomo sistemico

Contrariamente a quanto spesso si sostiene, la corruzione politica non è un fenomeno marginale o patologico nel senso clinico del termine. Essa rappresenta una manifestazione strutturale di squilibrio democratico, quando i titolari delle cariche pubbliche cessano di rispondere ai cittadini per le loro azioni.

Come affermava Norberto Bobbio:

“Il principio della democrazia non è l’uguaglianza dei risultati, ma l’uguaglianza del potere di influire sui risultati.”[2]

Se la corruzione si diffonde, ciò accade spesso perché vengono meno le condizioni di accesso paritario al potere e i meccanismi effettivi di controllo da parte della cittadinanza.

In tale quadro, l’azione penale è necessaria ma non sufficiente. Essa interviene a valle, quando la corruzione si è già compiuta. Il nodo sta a monte: nella debolezza dei meccanismi di responsabilità e trasparenza, nella rottura del patto di fiducia tra eletti ed elettori.

2. Solitudine del potere locale e deriva plebiscitaria

Con la legge 81/1993 è stato introdotto in Italia il sistema dell’elezione diretta dei sindaci. Questo modello ha spostato l’equilibrio tra poteri locali, riducendo progressivamente la funzione di controllo esercitata dai consigli comunali e dai partiti. Il sindaco è oggi una figura fortemente personalizzata, priva di un vero contropotere istituzionale e troppo spesso identificata con la totalità dell’amministrazione comunale.

Scriveva Antonio Gramsci:

“Quando la crisi colpisce lo Stato, è perché le forze sociali attive non riescono più a organizzarsi in modo coerente nella struttura politica.”[3]

Il rischio, sempre più concreto, è che i sindaci si trovino soli di fronte a poteri informali, corporativi o persino criminali, senza il sostegno di strutture collettive in grado di offrire orientamento, protezione e legittimazione.

Il potere così isolato diventa fragile. Senza partiti forti, senza corpi intermedi, senza cittadinanza attiva, il leader locale è costretto a negoziare con poteri esterni – siano essi economici, clientelari o illegali – pur di sopravvivere politicamente.

3. La crisi del collettivo: partiti svuotati e democrazia impoverita

L’esito di trent’anni di delegittimazione dei partiti è sotto gli occhi di tutti: si è passati da una democrazia partecipativa e mediata a una democrazia plebiscitaria e diretta, dove il cittadino si limita ad approvare o bocciare, periodicamente, un leader, senza reali strumenti di intervento intermedio.

Marco Revelli ha parlato di “politica senza politica”, riferendosi alla desertificazione del conflitto e alla perdita di senso delle appartenenze collettive[4]. Questa condizione ha indebolito non solo i partiti, ma la stessa idea di cittadinanza attiva, ridotta a mera audience.

Rifondare la democrazia significa allora ricostruire i luoghi della partecipazione, ripensare la forma partito, rilanciare l’autonomia della politica rispetto ai poteri forti, interni ed esterni alla società.

4. Trasparenza, responsabilità e controllo popolare

Contro la corruzione sistemica, la risposta non può essere solo penale o moralista. Deve essere culturale, politica e strutturale. Servono istituzioni trasparenti, ma anche cittadini capaci di vigilare, partecipare, esigere.

Come ammoniva don Luigi Sturzo già negli anni Venti:

“La politica è l’arte di servire e non di servirsi; il potere è un mezzo, non un fine.”[5]

Il nodo decisivo è quello della responsabilità pubblica: ogni detentore di potere deve sapere di essere esposto al giudizio non solo della legge, ma soprattutto dei cittadini che lo hanno investito di fiducia. E i cittadini devono avere gli strumenti per giudicare, comprendere, intervenire. Non bastano le inchieste giornalistiche o i tribunali. Serve una cittadinanza informata, organizzata e vigilante.

Conclusione

Le riforme istituzionali degli anni ’90 hanno prodotto effetti contraddittori: se da un lato hanno garantito maggiore stabilità e visibilità ai vertici locali, dall’altro hanno indebolito le forme collettive di controllo e partecipazione. La corruzione non è un virus esterno alla democrazia: è la conseguenza di una democrazia malata, che ha smarrito il senso della propria missione e il legame tra rappresentati e rappresentanti.

Oggi, più che mai, occorre una rigenerazione profonda della cultura democratica. E questa rigenerazione non può che partire dalla sinistra, cioè da una visione della politica come bene comune, responsabilità collettiva e strumento di emancipazione.

 

Note

Pasolini, Pier Paolo. Lettere luterane, Einaudi, 1976.

 

 

Bobbio, Norberto. Il futuro della democrazia, Einaudi, 1984.

 

 

Gramsci, Antonio. Quaderni del carcere, Einaudi, 1975.

 

 

Revelli, Marco. La politica senza politica, Einaudi, 2009.

 

 

Sturzo, Luigi. Discorsi politici, Studium, 1925.

 

 

 

Bibliografia

Bobbio, Norberto. Il futuro della democrazia. Torino: Einaudi, 1984.

 

 

Gramsci, Antonio. Quaderni del carcere. Torino: Einaudi, 1975.

 

 

Pasolini, Pier Paolo. Lettere luterane. Torino: Einaudi, 1976.

 

 

Revelli, Marco. La politica senza politica. Torino: Einaudi, 2009.

 

 

Sturzo, Luigi. Discorsi politici. Roma: Studium, 1925.

 

 

Urbinati, Nadia. Democrazia in diretta. Roma-Bari: Laterza, 2013.

 

 

Zagrebelsky, Gustavo. La legge e la sua giustizia. Torino: Einaudi, 2008.

 

 

 

Appendice – Estratto dalla Legge 81/1993

Art. 1 – Elezione diretta del sindaco

“Il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto. […] Il consiglio comunale è eletto contestualmente. […] Il sindaco nomina e revoca i componenti della giunta.”

Osservazioni:

L’assetto istituzionale introdotto con la legge n. 81 del 1993 ha ridisegnato il rapporto tra potere esecutivo locale e organismi di controllo, riducendo la collegialità decisionale e la funzione di indirizzo politico dei consigli comunali.

 

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