L’acqua e i beni comuni devono rimanere pubblici

L’acqua e i beni comuni devono rimanere pubblici a chiederlo è Sinistra Italia e il Partito per la città a Castellammare di Stabia

 

Il comune di Castellammare chieda lo stralcio dell’art. 6 dal Ddl Concorrenza al governo. A richiedere tala modifica sono i consiglieri Comunali Tonino Scala LEU-Sinistra Italiana e Michele Starace partito per la città depositando nella giornata di ieri un odg da discutere nella prossima seduta di consiglio. Dopo il referendum del 12-13 giugno 2011 la maggioranza assoluta del popolo italiano si è pronunciata contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali e per la sottrazione degli stessi, a partire dall’acqua, alle dinamiche di profitto, ciononostante l’Art. 6 sopra citato interviene direttamente sul ruolo dei Comuni e sulla gestione dei servizi pubblici locali, ed in particolare:  ponendo la materia dei servizi pubblici nell’ambito della competenza esclusiva statale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p della Costituzione (par. a); definendo, nell’ambito delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, la modalità dell’autoproduzione da parte dei Comuni come pesantemente condizionata da una serie di adempimenti stringenti nel metodo e nel merito, rendendola di fatto residuale rispetto all’affidamento con gara (par. f-g-h-i);  incentivando, attraverso premialità, il modello “multiutility” di gestione aggregata dei servizi pubblici locali. Per queste ragioni i consiglieri comunali chiedono con un pronunciamento del Consiglio Comunale il rispetto della volontà popolare sancita con un referendum non ancora attuato a distanza di ben 11 anni.

Si allega il testo dell’interrogazione:

 

PROPOSTA DI ORDINE DEL GIORNO

MODIFICA DEL DDL CONCORRENZA – DIFENDIAMO L’AUTONOMIA DEL COMUNE IN RELAZIONE ALLA GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI 

premesso che 

– per servizi pubblici locali si intende l’insieme di attività poste in essere dall’amministrazione pubblica per garantire la soddisfazione in modo continuativo dei bisogni della collettività di riferimento, finalizzato al perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della stessa;

– tale insieme di attività costituisce un dovere dell’amministrazione pubblica e ne designa la funzione di garanzia dei diritti degli abitanti del territorio di riferimento, ai quali vanno assicurati servizi che siano rispettosi dei principi di qualità, sicurezza, accessibilità, uguaglianza e universalità;

considerato che

– la crisi prodotta dall’epidemia da Covid-19 ha evidenziato tutti i limiti di una società unicamente regolata dal mercato e ha posto la necessità di ripensare il modello sociale, a partire da una nuova centralità dei territori come luoghi primari di protezione dei beni comuni e di realizzazione di politiche orientate alla giustizia sociale e alla transizione ecologica, e dai Comuni come garanti dei diritti, dei beni comuni e della democrazia di prossimità;

visto

– l’Art. 6 “Delega in materia di servizi pubblici locali” del disegno di legge “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” (c.d. DDL Concorrenza), predisposto dal Governo e all’esame del Parlamento;

rilevato che

– l’Art. 6 sopra citato interviene direttamente sul ruolo dei Comuni e sulla gestione dei servizi pubblici locali, ed in particolare:

–  ponendo la materia dei servizi pubblici nell’ambito della competenza esclusiva statale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p della Costituzione (par. a)

– definendo, nell’ambito delle forme di gestione dei servizi pubblici locali, la modalità dell’autoproduzione da parte dei Comuni come pesantemente condizionata da una serie di adempimenti stringenti nel metodo e nel merito, rendendola di fatto residuale rispetto all’affidamento con gara (par. f-g-h-i)

– incentivando, attraverso premialità, il modello “multiutility” di gestione aggregata dei servizi pubblici locali;

considerato che

– sulla materia della gestione dei servizi pubblici locali, il 12-13 giugno 2011 si è svolto un referendum, attraverso il quale la maggioranza assoluta del popolo italiano si è pronunciata contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali e per la sottrazione degli stessi, a partire dall’acqua, alle dinamiche di profitto;

– la Corte Costituzionale, con sentenza n. 218 del 23 novembre 2021 (successiva alla presentazione del disegno di legge), ha dichiarato incostituzionale, ai sensi dell’art. 3 e dell’art. 41 della Costituzione, l’art. 177 del Codice Appalti (L. 50/2016) che imponeva ai soggetti pubblici titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere di affidare mediante procedura ad evidenza pubblica una quota pari all’ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo di importo pari o superiore a 150.000 euro, limitando al 20% residuo la quota realizzabile ricorrendo all’in house. La Corte ha in particolare sottolineato, con riferimento alla tutale della concorrenza sviluppatasi in seno al diritto dell’Unione Europea, che “la disamina dell’evoluzione normativa a livello europeo restituisce l’immagine di una disciplina in costante oscillazione ma comunque piuttosto stabile nell’escludere un radicale obbligo di affidamento a terzi, finanche per le concessioni già assentite, rinnovate o prorogate”;

– l’Art. 6, quindi, nega la volontà popolare di cui al referendum del 2011 e inoltre pare collocarsi in piena continuità con l’art. 177 del Codice Appalti di cui è stata di recente dichiarata l’incostituzionalità, e ciò senza alcuna imposizione derivante da vincoli europei;

– ai sensi dell’art. 3 del TUEL i Comuni, definiti quali enti locali che rappresentano la propria comunità, curandone gli interessi e promuovendone lo sviluppo, hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché impositiva e finanziaria nei limiti di legge e, ai sensi dell’art. 13 del TUEL “spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico”;

– l’Art. 6, che costituisce un esercizio estensivo della potestà legislativa esclusiva di cui all’art. 117, co. 2 lett. p) Cost., mette quindi in discussione alla base la funzione pubblica e sociale dei Comuni e la loro autonomia, costringendoli di fatto al ruolo di enti unicamente deputati a mettere sul mercato i servizi pubblici di propria titolarità, con grave pregiudizio dei propri doveri di garanti dei diritti della comunità di riferimento come definiti dal TUEL;

– la combinazione dei predetti fattori giuridici ed economici, unitamente all’esplicitato favor del Governo per la concentrazione delle imprese attive nel settore dei servizi pubblici locali in multiutility, è suscettibile di pregiudicare seriamente la possibilità delle Amministrazioni locali di organizzare, gestire ed erogare servizi accessibili, universali e così capaci di soddisfare i fondamentali diritti della comunità locale al di fuori di logiche concorrenziali di mercato;

– la Città di Torino si è contraddistinta nella pratiche di difesa dei beni comuni, dotandosi tra l’altro del Regolamento per il governo dei beni comuni urbani (n. 391/2019), che definisce beni comuni “le cose materiali, immateriali e digitali ricomprese all’interno degli spazi e servizi urbani di interesse comune, che i/le cittadini/e e l’Amministrazione riconoscono essere funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, al benessere individuale e collettivo e all’interesse delle generazioni future e che risultano essere strettamente connesse a identità, cultura, tradizioni del territorio e/o direttamente funzionali allo svolgimento della vita sociale delle comunità che in esso sono insediate”;

– la gestione dei servizi pubblici locali, tra cui vi sono ciclo idrico integrato, la gestione dei rifiuti, la produzione e distribuzione dell’energia e la mobilità, è cruciale anche i fini della necessaria transizione ecologica;

 

IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA COMUNALE

 a richiedere formalmente lo stralcio dell’art. 6 dal Ddl Concorrenza ovvero la riformulazione dello stesso nel rispetto dei principi sopra enunciati;

– a promuovere, anche in concorso con altri enti locali, l’avvio di una discussione pubblica sul ruolo dei Comuni, dei servizi pubblici, dei beni comuni e della democrazia di prossimità dentro un contesto di ripensamento del modello sociale dettato dalla necessità di affrontare la diseguaglianza sociale e la crisi climatica, evidenziate dalla pandemia, affinché sia incentivato un modello che tenga in considerazione, ai fini della gestione di tali servizi, non soltanto obiettivi e parametri economici, ma anche obiettivi e parametri ambientali e sociali;

– a inoltrare il presente atto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla Presidenza della Regione, alla Presidenza della Provincia e alle Presidenze di Anci e Upi, dandone adeguata pubblicizzazione.

 

 

I Consiglieri Comunali

 

Tonino Scala – LEU- Sinistra Italiana

Michele Starace – Partito per la città

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